venerdì 20 gennaio 2012

Movimento dei Forconi: analisi e prospettive.

Il Movimento dei Forconi che in questi giorni si sta muovendo in Sicilia, paralizzandola sull’onda della protesta, rappresenta l’esplosione esasperata di diversi settori produttivi danneggiati e umiliati da decenni di politiche infami condotte direttamente contro l’economia del Sud e della Sicilia da governi ricattati da formazioni antimeridionaliste e nordiste. Politiche affamatorie che si sono abbattute su una regione già economicamente depressa, divisa nelle sue componenti sociali da contrapposizioni tra poveri, isolazionismo, dinamiche clientelari e contraddizioni mai purificate.
Con la scusa della crisi, governi e grandi gruppi economici hanno ulteriormente schiacciato le precarie condizioni in cui versa l’economia siciliana, in tutti i suoi settori produttivi, dalla pesca all’agricoltura, dai commercianti ai disoccupati, dai benzinai ai braccianti e alle piccole imprese.
La sollevazioni di ampie categorie popolari è la risposta nervosa e disperata alla tendenza alla proletarizzazione che l’attuale governo, in continuità coi precedenti, sta attuando attraverso una compagna spregiudicata di liberalizzazioni e privazioni di diritti fondamentali. E il Sud, con la Sicilia in testa, che nel corso dei decenni ha subito e pagato più di tutti gli altri, si trova oggi a reagire contro chi procede verso queste politiche di immiserimento generale, contro chi protegge e sostiene gli interessi dei grandi gruppi industriali, delle banche e dei grandi patrimoni.
Con l’appensantirsi dei costi di gestione d’impresa, del costo dei carburanti, dell’IVA, dei ticket autostradali e dei traghetti, con l’eliminazione di finanziamenti di sostegno e contenimento, con la mancata progettualità di iniziative volte al rilancio della piccola e media economia produttiva, agricoltori, pastori, allevatori e tante altre categorie si trovano in condizioni devastanti, costretti a sopportare un ulteriore saccheggio che li pone irreversibilmente di fronte al baratro del fallimento.
Il Movimento dei Forconi e tutte le altre sigle che costituiscono la rivolta si caratterizzano, però, come un indistinto movimento di natura piccolo borghese, privo di una prospettiva progressista e progressiva, senza rivendicazioni che superino le ragioni minute della rabbia e contestino l’impianto generale del sistema che ne ha causato la rovina.
Le sue ragioni sociali  si riassumono nell’impoverimento legato alla crisi drammatica dell’isola entro la più generale crisi capitalista: crollo dei commerci, aumento del prezzo della benzina, peso “insopportabile” dei mutui bancari, chiusura dei canali di credito, aumento della pressione fiscale, crisi del sostegno clientelare del governo regionale e dei margini tradizionali di scambio politico/ elettorale con i partiti al potere.
A causa della sua natura disorganica, disordinata ed emotiva, il movimento, anche nelle sue espressioni legittime e propositive, si è trovato ad essere strumentalizzato ed egemonizzato da forze e movimenti politici reazionari, conservativi, corporativi, di orientamento fascista, localista conservatore, autonomista e isolazionista. Non senza la paventata e gravissima infiltrazione incontrollata di settori economici e affaristici che sono da sempre diretta emanazione di una borghesia abituata a rapporti clientelari col potere e persino in odor di mafia.

Pertanto, le legittime rivendicazioni dei molti, non solo si muovono sulla scia di proteste populiste e demagogiche, ma, loro malgrado, si trovano a sostenere interessi e privilegi degli stessi individui che negli anni scorsi, col benestare e il favore del potere politico (dalla Democrazia Cristiana al Psi di Craxi, fino a Berlusconi e Cuffaro), ha potuto trarre profitto anche a scapito della stessa gente siciliana che oggi manifesta con loro.
E che, di fronte alla crisi che ha colpito severamente pubblico impiego, operai, scuola e sanità, e che ha distrutto la stessa immaginazione dei giovani riguardo alle speranze future, non ha mai espresso solidarietà, non si è mai spesa per difendere non solo i diritti di chi lavora o cerca lavoro, ma non l’ha fatto neanche nel nome di quella “identità” e “solidarietà” siciliane che oggi sembrano essere i punti di riferimento maggiori del movimento.

Col risultato amaro che, oggi, le tante persone oneste, la gente che soffre per e nel suo lavoro, si trova inconsapevolmente a lottare, da disperato, per il ritorno allo status quo, per l’ennesimo salvataggio dei privilegiati grandi e piccoli.
E conduce questa lotta con la conseguenza di gravare e causare disagi a tutte le altre categorie di lavoratori e di individui del popolo, dall’operaio che non può recarsi al lavoro alla casalinga che non trova i beni alimentari da acquistare per sostenere a fatica la propria famiglia.
E questo è il più grave dei problemi, l’aver causato e portato alle estreme conseguenze la guerra fra poveri, la contrapposizione tra categorie lavorative e settori produttivi, l’aver messo l’oppresso del sud contro l’oppresso del nord, l’oppresso italiano contro l’oppresso migrante, il lavoratore contro il disoccupato.

Queste dinamiche hanno, quindi e purtroppo, infuso una direzione esclusivamente reazionaria al movimento, attraverso un blocco politico e sociale regressivo e ultra-conservatore che cerca di dare la  PROPRIA traduzione al disagio sociale della popolazione siciliana.
Un pericolo che non solo va rimosso, ma dev’essere apertamente denunciato e contrastato.
Di fronte, quindi, ad una situazione che si presenta così confusionaria e a tratti torbida, il Partito Comunista dei Lavoratori in tutte le sue sezioni siciliane non solo non può disimpegnarsi dall’intervenire sui temi sociali del Movimento dei Forconi, ma deve essere in grado di indicare la necessità di dare uno sbocco di classe e anticapitalista alla crisi sociale siciliana, aprendole anche prospettive di espansione nazionale e internazionale.

Come farlo?
Attraverso la ricomposizione unificante in un fronte compatto di una mobilitazione indipendente dei lavoratori salariati della Sicilia, del settore privato, del settore pubblico e dei servizi.
Il movimento operaio siciliano non deve limitarsi alla difesa delle proprie ragioni sociali. Deve cercare di offrire la propria risposta alla crisi più vasta della popolazione povera della Sicilia, e di questa stessa piccola borghesia isolana in rivolta, fornendole una sponda politica e sociale alternativa. Perché l’alleanza sociale col mondo del lavoro è interesse stesso degli strati inferiori delle classi medie: perché solo quel blocco sociale può rovesciare il capitale finanziario, le banche, i grandi patrimoni, i loro governi, i loro partiti, liberando la piccola borghesia impoverita dalla rovina, evitando di avvalorare o fare nostre posizioni, inganni e mistificazioni di altri soggetti, di altre classi sociali, di altri interessi.
Non si tratta di recuperare vecchi privilegi contro i lavoratori ( magari in materia fiscale o contrattuale), o di illudersi di poter ripiegare in una dimensione isolata, separatista o “microeconomica”: perché queste soluzioni, al di là di ogni illusione, lascerebbero i piccoli proprietari nelle grinfie del capitale finanziario e della sua crisi, come soggetti ricattabili da processi clientelari politici e criminali. Solo rompendo col capitale finanziario, e con tutte le sue diramazioni legali e illegali, in alleanza e sotto la direzione dei salariati, è possibile uscire dalla crisi, senza più padroni e senza più padrini.
Contrariamente a quanto fa la sinistra salottiera che stigmatizza le mobilitazioni in atto in nome di una reverenza istituzionale, il PCL ribadisce il proprio invito alla costruzione di una vasta e reale opposizione di massa anti-sistema sulla base di un piattaforma di rivendicazioni realmente rivoluzionarie, capaci di legare le istanze di studenti, operai, precari, disoccupati, a partire per esempio da questi punti: opposizione ai tagli sociali, difesa e ripartizione del lavoro, abolizione delle leggi che precarizzano il lavoro, salario sociale per i disoccupati in cerca di lavoro, occupazione delle aziende che licenziano e costituzione di comitati per raccordare le lotte a livello regionale.
Intorno a questo progetto il PCL è pronto ad aprire un confronto con tutte le forze politiche, sindacali e di movimento della sinistra antisistema che fanno riferimento alla classe lavoratrice e alle fasce popolari più deboli, per una piattaforma comune che vada nella direzione di  superare radicalmente questo sistema fallimentare, e di costruirne uno nuovo che consenta il diretto e attivo protagonismo delle masse popolari nelle scelte economiche e politiche che riguardano il loro futuro e il futuro delle loro famiglie.
Comunicato del Partito Comunista dei Lavoratori sez. Ragusa