martedì 21 novembre 2006

Né ATO privato, né misto, né pubblico

L'acqua è un bene comune, e solo il controllo popolare dal basso può garantire sulla sua corretta gestione al servizio della collettività

21 Novembre 2006
Privatizzare è diventata la parola d'ordine magica che dovrebbe risolvere tutti i nostri problemi. In realtà le privatizzazioni in Italia come altrove, altro non sono state che un piano per accentuare il drenaggio delle risorse pubbliche a vantaggio di pochi gruppi economici e politici; un grande spreco che ha portato al fallimento o quasi di decine di società e al collasso dei comuni.

FINO AD ORA SI SONO PRIVATIZZATI I PROFITTI E SOCIALIZZATE LE PERDITE
Il tentativo di privatizzare un bene comune universale come l'acqua la dice lunga sulla voracità del sistema capitalista, che considera merce ogni bene primario essenziale, e tenta di accaparrarselo.

L'ACQUA NON È UNA MERCE. L'ACQUA È DI TUTTI
Lo strumento scelto per l'affare privatizzazione,nel caso dell'acqua (e dei rifiuti)è quello dell'ATO (Ambito Territoriale Ottimale), ovvero la creazione di aziende private o miste, che devono gestire il servizio con criteri economicistici e "vendere il prodotto". Gli ATO si sostituiscono alla gestione municipale o consortile, e la collettività deve sobbarcarsi le spese di gestione di nuovi apparati e consigli di amministrazione, e delle maggiori uscite dovute alla totale pertinenza degli impianti e delle attrezzature alla nuova società.

RISULTATO: si passa dalle tasse alle tariffe, e le bollette si gonfiano a dismisura, come è già avvenuto nei numerosi comuni dove gli ATO sono entrati in attività. Questa operazione comporta un generale schiacciamento verso il basso delle categorie più deboli, un'aggressione ai loro magri redditi, un vero e proprio attacco di classe alle condizioni dei proletari.

PER QUESTO GLI ATO VANNO ABOLITI
PER QUESTO NON È NEANCHE PENSABILE UN RITORNO AL SERVIZIO PUBBLICO SOTTO LA GESTIONE DEGLI ATO TOTALMENTE PUBBLICI.

Gli ATO restano comunque dei soggetti a caratteristica imprenditoriale, e la proprietà pubblica non muterebbe la sostanza delle cose. Sarebbero dei carrozzoni clientelari appannaggio dei soliti partiti, sempre con strutture e consigli di amministrazione da mantenere, tutti sprechi da scaricare sui cittadini.
In Sicilia in decine di località è in atto la disobbidienza civile; in molte di queste le bollette sono state restituite o semplicemente non pagate; in alcune la gente si è praticata l'autoriduzione. In tutti questi comuni, da Enna a Paternò, da Gibellina a Patti a Valguarnera, i cittadini organizzati chiedono di poter esercitare un controllo sulla gestione dei servizi idrico e di raccolta dei rifiuti, e rigettano l'idea di essere rappresentati da un loro delegato all'interno del consiglio di amministrazione dell'ATO, privato, misto o pubblico che sia.

Oggi a Ragusa è importante bloccare la gara di affidamento. Ma la lotta deve mirare alla ripublicizzazione dell'acqua sotto l'intera gestione comunale, prevedendo forme di controllo popolare dal basso.

In prospettiva, la lotta alle privatizzazioni, per essere coerente, può avere come unico risvolto la gestione dei servizi da parte dei diretti interessati: lavoratori e cittadini-utenti.

Lanciamo un appello a costituire un comitato popolare che si muova sul nostro territorio su questi contenuti.
Partito Comunista dei Lavoratori - sez. Ragusa